Autore: Giacomo Manzù (Bergamo, 1908 – Ardea, 1991)
Datazione: 1985–1988
Materiale: Fusione in bronzo
Dimensioni: h. 325 cm (senza basamento)
‘il Bernareggi’, il nuovo Museo Diocesano di Bergamo, è aperto nel cuore di Città Alta. Al suo interno l’Aula Picta, cuore della nuova sede del Museo, l’antico Palazzo Vescovile di Bergamo.
Fondazione Banca Popolare di Bergamo – EF ha sostenuto il restauro dell’Aula Picta – che continuerà nel 2026 -, vero e proprio tesoro della città, per permettere a tutti di ammirare i suoi stupendi affreschi del XIII secolo. Per questo ogni prima domenica del mese l’Aula Picta sarà visitabile gratuitamente.
Qui l’approfondimento sull’Aula Picta e sui lavori di restauro in corso.
Su fondazionebernareggi.it tutte le informazioni sul nuovo Museo Diocesano Adriano Bernareggi.
Il Museo Diocesano Adriano Bernareggi torna sul colle di San Salvatore, dove fu inaugurata la sua prima sede nel 1961. Su una superficie espositiva di oltre 900 metri quadrati trovano sede circa 70 opere d’arte, distribuite in dieci sale su due piani. Si tratta di dipinti, sculture e oggetti preziosi risalenti ad un periodo che va dal XIV al XX secolo: dalla scultura medievale a Lorenzo Lotto e Andrea Previtali, da Giovan Battista Moroni a Carlo Ceresa ed Evaristo Baschenis (XV-XVIII secolo), fino all’omaggio novecentesco a Manzù e Scorzelli. A queste esposizioni si aggiungono opere provenienti da alcune parrocchie della Diocesi, che saranno esposte temporaneamente, rendendo il nuovo Museo punto di riferimento e luogo di ricomposizione e narrazione del ricco patrimonio artistico custodito nelle chiese del territorio. Oltre alle sale espositive, il Museo offre spazi per conferenze e per attività educative, e una sala multimediale dedicata al racconto dello sviluppo architettonico di piazza Duomo e degli edifici che la circondano. Ma il nuovo Museo è molto più che uno spazio espositivo: si configura come un vero e proprio itinerario storico e geografico dedicato alla Chiesa bergamasca che unisce sin d’ora l’antico Palazzo vescovile (con l’Aula Picta), il Battistero della Cattedrale, i resti dell’antica Cattedrale paleocristiana e, in futuro, anche l’area archeologica del Tempietto romanico di Santa Croce – posto tra il nuovo Museo e la Basilica di Santa Maria Maggiore – dove è in corso una campagna di scavo, condotta dalla Soprintendenza. Chiude idealmente il percorso l’Oratorio di San Lupo situato in via San Tomaso, in Città Bassa, dedicato all’arte contemporanea. Un biglietto unico consente ai visitatori di conoscere tutti questi luoghi, in un viaggio che abbraccia oltre 1700 anni di storia.
Il ciclo di incontri si concluderà giovedì 23 ottobre con “Valore comune. La finanza al servizio della comunità”, che vedrà la partecipazione di S.E. Mons. Francesco Beschi, Vescovo di Bergamo, e di Paolo Maria Grandi, Consigliere Intesa Sanpaolo e Presidente Comitato Governance, introdotti da Giovanni Bazoli, Presidente emerito Intesa Sanpaolo.
Iscrizioni qui
Il progetto ‘Una Casa per Te’, dedicato a persone con spettro dell’autismo e promosso dall’Istituto delle Suore Poverelle – Istituto Palazzolo, oggi ha aperto le proprie porte con una grande festa di inaugurazione degli spazi rinnovati al terzo piano della RSD Istituto Palazzolo di Grumello del Monte. “Una Casa per Te – spiega Paola Turani, coordinatrice educativa della RSD – ha portato alla riqualificazione degli spazi rendendoli sicuri, accoglienti e adatti alle esigenze emotive e comportamentali dei residenti: pareti dai colori tenuti, comunicazione aumentativa e un miglioramento della sicurezza dei locali”. Oltre ad una stanza di lavoro e ad una multisensoriale, sostenute rispettivamente da Fondazione della Comunità Bergamasca EF-Fondo Luciana e Gianni Radici e da Fondazione Banca Popolare di Bergamo EF. Dopo un periodo intenso di lavori di ristrutturazione e riorganizzazione interna, Una Casa per Te è pronta a condividere la gioia di questo traguardo con le ragazze e i ragazzi residenti, i loro familiari, i tanti volontari, i tanti donatori, le Istituzioni e tutta la comunità civile e religiosa.
La festa è iniziata domenica 14 settembre con un evento dedicato ai residenti, le loro famiglie e a tutta la comunità civile e religiosa. Un bel pomeriggio ricco di musica, grazie alla partecipazione dell’Orchestra Sinfonica “La Nota in più” e di condivisione con la Santa Messa celebrata in giardino e un buon rinfresco curato dai ragazzi dell’Istituto Ikaros di Grumello del Monte.
Oggi, giovedì 18 settembre, l’inaugurazione ufficiale, con la presenza del Sindaco di Grumello del Monte Floriano Caldara e dell’amministrazione comunale, i consiglieri regionali Davide Casati e Jacopo Scandella, le autorità del territorio e tutti i donatori che hanno scelto di sostenere il progetto. L’inaugurazione ha voluto essere un momento per dire grazie a chi ha creduto e continua a credere in questo progetto. Come ha ricordato Simona Ghezzi, responsabile del fundraising, “le donazioni sono arrivate dal cuore di Fondazioni, aziende, fornitori, associazioni, familiari e cittadini che hanno permesso la costruzione di Una Casa per TE”. Mons. Michelangelo Finazzi, vicario episcopale per i laici e per la pastorale, ha portato il saluto della Diocesi di Bergamo e ha benedetto i locali del terzo piano. A seguire la visita ai nuovi spazi e la scoperta del ‘Muro del Grazie’, dove ogni donatore ha potuto lasciare la propria firma.
Suor Annamaria Remondi, coordinatrice Servizi di Carità a regime fiscale Istituto Palazzolo e suor Agnese Praolini, responsabile della Casa: “Quella dell’Istituto Palazzolo è la storia di un progetto portato avanti insieme, e anche “Una Casa per Te” ha preso forma ascoltando i bisogni dei residenti, delle famiglie, del territorio, dei servizi sociali. Con l’obiettivo di comprendere meglio e comunicare con il mondo dell’autismo, e permettere alle persone che vivono qui di abitare gli spazi in modo sicuro e creativo. Perchè questa possa diventare sempre più una casa di accoglienza, giustizia e tenerezza aperta a tutti”.
Edoardo Manzoni, direttore generale Istituto Palazzolo: “Con Una Casa per Te abbiamo cercato di cogliere la sfida rappresentata dal profondo cambiamento dei bisogni del mondo della disabilità. Fare casa con i nostri ospiti significa migliorare le nostre competenze, le nostre strutture, riprogettare la nostra relazione con il territorio, la comunità e le istituzioni. Il titolo di questo progetto vuole essere un segno per tutta la comunità, per dire che qui c’è posto per tutti. Ancora una volta, il criterio alla base del nostro impegno è il principale insegnamento che ci ha lasciato il nostro fondatore, San Luigi Palazzolo: occuparsi di coloro di cui nessuno si occupa”.
Osvaldo Ranica, presidente Fondazione della Comunità Bergamasca EF: “Una Casa per Te è un impegno di inclusione e di coesione sociale, a fianco delle persone con diversi tipi di disabilità e delle loro famiglie, che incontra pienamente la mission di Fondazione della Comunità Bergamasca: quella di promuovere il benessere della comunità. Questo luogo è Casa per tante persone che giungono anche da fuori provincia, un grande orgoglio bergamasco. Fondazione della Comunità Bergamasca ha dato il proprio sostegno, in particolare, alla realizzazione di una stanza dedicata a diversi tipi di attività laboratoriali e ricreative. Lo abbiamo fatto attraverso il Fondo, aperto nel 2005 presso la nostra Fondazione, intitolato a Luciana e Gianni Radici, da sempre sensibili e attenti alle tematiche sociali e sociosanitarie del territorio”.
Armando Santus, presidente Fondazione Banca Popolare di Bergamo EF: “Fondazione Banca Popolare di Bergamo è orgogliosa di aver sostenuto la realizzazione della stanza multisensoriale di ‘Una Casa per Te’, frutto di un’attenta progettazione e dell’incontro tra tecnologia e competenza educativa. E’ un intervento che si inserisce in un impegno più ampio: promuovere la filantropia come strumento di sostegno al territorio e ai bisogni dei bergamaschi, con prossimità e attenzione. Un ringraziamento speciale alla comunità delle Suore Poverelle e a chi, ogni giorno, si prende cura di chi ha più bisogno. Sostenere progetti come questo significa costruire insieme un territorio più accogliente e inclusivo”.
LA RSD GRUMELLO DEL MONTE DELL’ISTITUTO DELLE SUORE POVERELLE – ISTITUTO PALAZZOLO
L’Istituto delle Suore Poverelle – Istituto Palazzolo, presente a Grumello del Monte dagli anni ‘20 del Novecento con una Casa dedicata all’accoglienza di persone con disabilità fisica e intellettiva, ha l’obiettivo di prendersi cura e di rispondere concretamente ai bisogni di persone con fragilità “non raggiunti da altri”, una mission indicata in modo chiaro dai fondatori San Luigi Palazzolo e Madre Teresa Gabrieli. All’interno della RSD di Grumello del Monte vivono 120 persone, di cui 30 con spettro autistico e collaborano circa 200 operatori.
La Diocesi di Bergamo ha presentato il progetto di restauro dell’Aula Picta, il cuore del palazzo medievale che ospiterà il nuovo Museo Diocesano Adriano Bernareggi di Bergamo, in Città Alta, tra la Basilica di Santa Maria Maggiore, la Cappella Colleoni e l’attuale Curia.
L’Aula Picta, la sala delle udienze del Vescovo di Bergamo, è un capolavoro unico nel contesto dell’arte lombarda del XIII secolo, per la vivacità cromatica, la varietà narrativa e la ricchezza dei dettagli iconografici degli affreschi ma anche per lo stretto legame tra funzione del luogo e soggetti raffigurati, caratterizzati dal linguaggio simbolico tipico dell’epoca.
All’interno della sala è terminato il “cantiere pilota”, avviato nel mese di gennaio 2025, che ha portato al recupero di parte della parete est e che si è rivelato utile a definire i criteri per l’intervento di restauro complessivo, con termine lavori previsto entro il 2026. L’intervento è promosso da Fondazione Adriano Bernareggi e interamente sostenuto da Fondazione Banca Popolare di Bergamo – EF con una donazione di 140 mila euro. La supervisione e la direzione scientifica del cantiere di restauro sono affidate alla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Bergamo e Brescia; il restauro è a cura di Villa Restauri di Tiziano Villa, sotto la direzione lavori dell’architetto Giovanni Tortelli dello Studio GTRF di Brescia.
Dal giorno successivo all’inaugurazione del nuovo Museo Diocesano, fissata per sabato 27 settembre 2025, i visitatori che transiteranno all’interno dell’Aula Picta potranno ammirare i dipinti già restaurati e osservare da vicino il lavoro dei restauratori: un’opportunità per conoscere non solo la storia degli affreschi, del Palazzo e del contesto storico-culturale a cui risale, ma anche il percorso di valorizzazione intrapreso da Fondazione Adriano Bernareggi.
Fondazione Banca Popolare di Bergamo – EF ha sostenuto con convinzione il restauro dell’Aula Picta, con l’obiettivo di restituirla alla fruizione pubblica. In accordo con la Diocesi di Bergamo ogni prima domenica del mese, in coincidenza con l’ingresso gratuito ai musei statali, l’accesso all’Aula Picta sarà libero e gratuito per tutti.
Don Davide Rota Conti, direttore Museo Diocesano Adriano Bernareggi: «L’Aula Picta è senza dubbio il luogo più bello dell’antico Palazzo del Vescovo di Bergamo: grazie ai preziosi affreschi è un “gioiello” artistico, storico e architettonico che la Diocesi ha voluto valorizzare con un lungo e attento intervento di recupero. Un impegno che potranno toccare con mano anche i visitatori del nuovo Museo Diocesano, di cui l’Aula Picta è il cuore pulsante: grazie al cantiere in corso il pubblico potrà ammirare dal vivo il lavoro dei restauratori sulla sala. È anche questo un modo per rendere i visitatori partecipi dei lavori di valorizzazione legati al nuovo Museo Diocesano, un Museo della Diocesi per la comunità».
Armando Santus, presidente Fondazione Banca Popolare di Bergamo – EF: «Fin dalla sua nascita, nel 1991, Fondazione Banca Popolare di Bergamo – EF sostiene le iniziative di conservazione, recupero e valorizzazione del patrimonio storico-artistico del territorio, oggi insieme ad Intesa Sanpaolo. È un investimento non solo sulle strutture e sui beni, ma soprattutto sulla bellezza, sulla memoria e sulla tradizione di un’intera comunità. L’Aula Picta, con le sue peculiari caratteristiche, porterà i visitatori a viaggiare nella Bergamo del Medioevo, aiutandoli così a comprenderne le radici storiche, sociali e religiose. Il nostro impegno è quello di offrire a tutta la comunità la possibilità di accedere liberamente alla bellezza dell’arte».
L’Aula Picta, dal latino “sala dipinta”, è la sala delle udienze del Vescovo di Bergamo in epoca medievale, interamente decorata con affreschi realizzati nel XIII secolo. Un tempo in cui il Vescovo rappresentava non solo la massima autorità spirituale della città, ma deteneva anche il potere giudiziario e politico. Era l’epoca precedente alla nascita dei comuni, quella del vescovo-conte, del vescovo-giudice. In questo contesto, l’Aula Picta era un luogo in cui si redigevano e validavano documenti legati a proprietà e possedimenti, in cui si amministrava la giustizia, ma era anche un luogo di incontro, di dialogo tra le corporazioni e uno spazio in cui sanare i contrasti tra le diverse fazioni della città, un luogo dunque dalla finalità anche “diplomatica”.
A rendere unici gli affreschi di questa sala nel contesto del panorama pittorico del Duecento è l’associazione tra la particolare funzione del luogo e le raffigurazioni del ciclo pittorico, che accostano scene della vita di Cristo con elementi escatologici (legati, cioè, alla fine dei tempi) e richiami al tema della giustizia. Così l’Aula Picta esprime il desiderio della Chiesa medievale bergamasca di promuovere un buon governo della città, ispirato ai principi evangelici.
L’autore degli affreschi è anonimo, così come non si conosce con precisione la datazione dei dipinti: l’arco temporale stimato dagli studiosi è quello della seconda metà del Duecento.
L’architetto Mara Micaela Colletta e la dott.ssa Silvia Massari della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Bergamo e Brescia, che seguono passo passo il progetto di restauro, così lo descrivono: «Testimonianza di importante rilievo nell’ambito della pittura lombarda del Duecento, l’Aula Picta della Curia di Bergamo mostra, nei temi iconografici proposti, la sua funzione di raccordo tra lo spazio sacro della Basilica e quello politico del Palazzo vescovile, che unisce anche dal punto di vista architettonico. All’esteso ciclo pittorico dedicato alla vita di Cristo, si affiancano infatti immagini di carattere profano, probabile riferimento all’originaria funzione amministrativa e giuridica dell’ambiente, oltre a un campionario di bizzarre figure deformi che ritornano sia nei medaglioni della parte mediana delle pareti che nel fregio continuo alla sommità. Le vicende conservative dei dipinti murali sono solo in parte ricostruibili: dalla loro riscoperta, negli anni Trenta del Novecento, durante i lavori diretti da Luigi Angelini, i dipinti hanno subito almeno tre interventi di restauro. Il primo, nel 1938, venne affidato al pittore-restauratore Arturo Cividini che tentò di restituire leggibilità alle immagini dipinte, fortemente deteriorate in seguito all’intervento di rimozione degli scialbi sovrammessi, con estese ricostruzioni pittoriche di fantasia, che vennero poi parzialmente rimosse durante il successivo intervento di restauro eseguito da Pinin Brambilla Barcilon negli anni Settanta. Con il terzo intervento, eseguito all’inizio degli anni Duemila, si decise di rimuovere tutti i precedenti interventi ricostruttivi, compresi quelli da considerare ormai storicizzati, per sostituirli con un’estesa reintegrazione a tratteggio, tecnica messa a punto dall’Istituto Centrale per il Restauro negli anni Quaranta del Novecento per l’integrazione pittorica, circoscritta, delle lacune. Il tratteggio venne qui eseguito su tutte le abrasioni della pellicola pittorica, attuando numerosi ripristini arbitrari di elementi figurativi in assenza totale di elementi e nessi attendibili a guidare l’operazione. L’ampia reintegrazione a tratteggio celò tuttavia le poche tracce di policromia superstite, inducendo una percezione falsamente uniformante della superficie pittorica e nascondendo alcuni dettagli figurativi originali che è stato possibile far riemergere durante il cantiere pilota di restauro attualmente in corso, condotto dalla Curia di Bergamo e affidato al restauratore Tiziano Villa, grazie a un’attenta operazione di pulitura. In fase di cantiere pilota, si è deciso pertanto di rimuovere integralmente la reintegrazione a tratteggio eseguita nel 2002 per sostituirla con un intervento che si propone di essere più rispettoso del tessuto pittorico originale e delle condizioni conservative dei dipinti. In accordo con la Soprintendenza, si è scelto di adottare una modalità di reintegrazione più consona ed equilibrata, lavorando a velatura, sottotono e non a colore, in modo da smorzare l’emergenza visiva delle lacune, e permettere allo sguardo di intuire le forme originarie delle immagini dipinte, senza la necessità di intervenire in modo ricostruttivo. I funzionari della Soprintendenza sono stati costantemente presenti in cantiere per fornire le direttive necessarie all’esecuzione delle delicate operazioni di restauro. Oltre al restauro dei dipinti medievali è previsto anche il riordino delle ampie porzioni di intonaci trattati a “neutro” dal Cividini negli anni Trenta, che si presentano attualmente molto annerite e necessitano di un intervento di pulitura per poter meglio dialogare con i dipinti restaurati».
La vita di Cristo – sul registro mediano delle pareti – è raffigurata nei suoi episodi principali, alcuni pressoché irriconoscibili a causa dei danni del tempo: se ben visibili sono l’Annunciazione e la Natività (con richiami all’Ultima Cena e alla Passione) e Cristo davanti a Pilato, si può solo intuire la presenza della scena del Rinnegamento di Pietro, di Giuda Impiccato, della Derisione di Cristo, di Crocifissione, Resurrezione e discesa al Limbo. Segue una successione di temi escatologici: due figure simmetriche di Cristo in mandorla e della Seconda parusia (il ritorno di Gesù alla fine dei tempi che precede il Giudizio Universale), dove è visibile l’elemento della spada (in bocca a Cristo) come strumento di giustizia, con cui dividere giusti e colpevoli, l’arcangelo Michele che pesa le anime, la Fenice che rappresenta la resurrezione della carne ed è immagine simbolica di Cristo.
Il linguaggio di riferimento con cui leggere gli affreschi è quello simbolico tipico dell’età medievale, per cui non mancano elementi irrazionali e lontani dalla cultura moderna. Da questo punto di vista, uno spazio consistente è dedicato al tema della fortuna: anticamente impersonificato da una dea dispensatrice di felicità terrena e condannata dai Padri della Chiesa, nel medioevo è recuperato come mito rappresentato dall’immagine di una ruota che gira incessantemente, paradigma della caducità umana. La Ruota della Fortuna dipinta all’interno dell’Aula Picta presenta, in corrispondenza dei quattro punti cardinali, altrettante condizioni umane che si alternano al girare della ruota e dunque del tempo. “Leggendo” l’affresco in senso orario la figura regale che troneggia alla sommità della ruota (dove campeggia la scritta latina “Regno”) prima o poi prenderà il posto di chi, aggrappato a testa in giù, non può che rimpiangere i tempi andati (“Regnavi”, “ho regnato”). Schiacciato dal peso della fortuna, alla base della ruota è appeso chi ormai non ha più nulla (“Sum sine regno”, “sono senza regno”). L’ottimismo, invece, pervade la figura in ascesa (“Regnabo”, regnerò). Apparentemente estranea all’allegoria della ruota, la sottostante coppia di uccelli, specularmente protesa verso una coppa, ne è in realtà il necessario complemento: rappresenta due pavoni che si abbeverano al calice, emblemi di incorruttibilità e immortalità, dell’eterna beatitudine celeste da contrapporre alla fugace felicità terrena, alle alterne vicende umane simboleggiate dalla ruota in perenne movimento. L’ipotesi è che il vescovo-giudice-conte, durante i dibattimenti sedesse proprio sotto l’immagine di Cristo giudice e accanto a San Michele, con gli imputati o i contendenti di fronte a lui in corrispondenza delle storie della Passione e accanto alla Ruota della Fortuna, a rammentargli di considerare, nell’esercizio del suo compito, quanto effimera sia la sovranità data da ricchezza, gloria e potere e quanto necessario sia invece un punto di appoggio più solido, dato solo da Dio. All’interno dell’Aula Picta non mancano immagini decorative e antropomorfe, con un alto zoccolo riccamente ornato e il sorprendente fregio continuo abitato da una variegata popolazione di animali domestici, belve e mostri di vario genere provenienti dai bestiari medievali oltre che da elementi vegetali.
Tra i dipinti più significativi della sala, per il buono stato di conservazione e l’importanza dei soggetti rappresentati, all’interno di una bifora rientrante nel muro, ci sono le effigi dei tre fondatori della chiesa bergamasca, nel IV secolo: il patrono e martire Sant’Alessandro, e i primi due vescovi, Narno e Viatore.
Sabato 27 settembre 2025 la Diocesi di Bergamo apre le porte del nuovo ‘Museo Diocesano Adriano Bernareggi’ di Bergamo, nel cuore di Città Alta, all’interno dell’antico Palazzo episcopale di cui il cuore monumentale è rappresentato dall’Aula Picta. Il taglio del nastro sarà accompagnato da una grande festa aperta alla città in piazza Duomo. Il Museo Diocesano torna sul colle di San Salvatore, dove fu inaugurata la sua prima sede nel 1961. Su una superficie espositiva di oltre 900 metri quadrati troveranno sede 60 opere d’arte, distribuite in dieci sale su due piani. Si tratta di dipinti, sculture e oggetti preziosi risalenti ad un periodo che va dal ‘300 al ‘900: dalla scultura medievale a Lorenzo Lotto e Andrea Previtali, da Giovan Battista Moroni a Carlo Ceresa ed Evaristo Baschenis (XV-XVIII secolo), fino all’omaggio novecentesco a Manzù e Scorzelli. A queste esposizioni si aggiungono opere provenienti da alcune parrocchie della Diocesi, che saranno esposte temporaneamente, rendendo il nuovo Museo punto di riferimento e luogo di ricomposizione e narrazione del ricco patrimonio artistico custodito nelle chiese del territorio. Oltre alle sale espositive, il Museo offrirà spazi per conferenze e per attività educative, e una sala multimediale dedicata al racconto dello sviluppo architettonico di piazza Duomo e degli edifici che la circondano. Ma il nuovo Museo sarà molto più che uno spazio espositivo: si configura come un vero e proprio itinerario che unisce sin d’ora l’antico Palazzo vescovile (con l’Aula Picta), il Battistero trecentesco, i resti dell’antica Cattedrale paleocristiana (oggi ‘Museo dell’’Antica Cattedrale’) e, in futuro, anche l’area archeologica del Tempietto romanico di Santa Croce, posto tra il nuovo Museo e la Basilica di Santa Maria Maggiore, dove è in corso una campagna di scavo, condotta dalla Soprintendenza. Chiude idealmente il percorso l’Oratorio di San Lupo situato in via San Tomaso, in Città Bassa, dedicato all’arte contemporanea. Un museo diffuso, quindi, che invita a compiere un percorso storico e geografico dedicato alla Chiesa di Bergamo. Un biglietto unico consentirà ai visitatori di conoscere tutti questi luoghi, in un viaggio che abbraccia oltre 1700 anni di storia.
Torna a splendere il grande dipinto di Camillo Procaccini Apostoli intorno al sepolcro vuoto e colmo di fiori della Madonna (olio su tela, cm 880×380), dopo un importante intervento di restauro promosso da Fondazione MIA con il contributo di Fondazione Banca Popolare di Bergamo.
L’opera, realizzata alla fine del Cinquecento, impreziosisce la parete absidale della Basilica di Santa Maria Maggiore, al di sopra del Coro dei Laici intagliato da Giovanbattista Capoferri su disegno di Lorenzo Lotto, anche quest’ultimo oggetto di un monumentale restauro, concluso in occasione di Bergamo Brescia Capitale Italiana della Cultura 2023. Un ulteriore e fondamentale tassello che si aggiunge all’ampio piano di valorizzazione del prezioso monumento, che vede anche il recupero delle vetrate con ripristino e automazione dei tendaggi dell’abside.
I lavori sul dipinto di Camillo Procaccini, avviati nel marzo 2024, sono stati eseguiti dallo studio bergamasco Sesti Restauri di Delfina Fagnani, già intervenuto su altre opere di Camillo Procaccini: Madonna con Bambino in trono tra i SS. Pietro e Antonio Abate e Angeli Santi (olio su tela, cm 300×190, Basilica di San Marco, deposito dalla Pinacoteca di Brera, Milano) e Santa Veronica (olio su tavola, cm 271×150, Certosa di Pavia).
Fondazione Banca Popolare di Bergamo ha contribuito al restauro con un contributo di 35 mila euro, a fronte di un investimento totale di 73 mila euro.
La grande tela, realizzata alla fine del Cinquecento, raffigura gli apostoli, avvolti da abbondanti e plastici panneggi, raccolti intorno al sepolcro vuoto di Maria. Secondo la tradizione cristiana la Vergine non sarebbe morta ma, dopo essersi addormentata, sarebbe stata assunta in Cielo in anima e corpo. L’Assunzione in cielo di Maria, a cui è dedicata la Basilica e celebrata il 15 agosto, è una delle solennità (insieme a quella dell’Immacolata Concezione, l’8 dicembre), che richiama il maggior numero di fedeli bergamaschi nella Basilica, edificata in epoca medievale.
LA STORIA E IL RESTAURO
La tela di Camillo Procaccini raffigurante Apostoli intorno al sepolcro vuoto e colmo di fiori della Madonna viene restituita ad un ritrovato splendore grazie a un restauro che ha unito conservazione e conoscenza del processo creativo dell’artista.
Dipinto a fine Cinquecento nel momento di massimo successo dell’artista emiliano a Milano – dove stava lavorando anche alle ante degli organi del Duomo – il grande telero bergamasco fu affidato a Camillo Procaccini su incarico dei Reggenti della Misericordia Maggiore, che lo vollero quale “miglior pittore della città”. L’opera, pensata in dialogo con l’Assunta affrescata due anni prima da Giovan Paolo Cavagna nella parte superiore dell’abside, rappresenta un esempio straordinario della moderna riforma di stile di cui Camillo Procaccini fu promotore, e che guiderà molti artisti lombardi di primo Seicento.
Il tempo non è stato clemente con questo capolavoro: nel corso dei secoli sul telero – originariamente privo di telaio di sostegno e inchiodato direttamente al muro su fasce lignee – sono stati ripetutamente affrontati problemi sia strutturali che estetici: a tutt’oggi l’ultimo rintelo (Fumagalli, 1851) garantisce l’adesione degli strati pittorici alla tela, seppur denunciando deformazioni e rilasciamenti tessili; mentre l’intero manto pittorico era gravato da pesanti strati polverosi, imbrunimenti di vecchi protettivi e diffusissimi e sovrapposti ritocchi pittorici precedenti (ultimo Steffanoni, 1958) che risarcivano numerosi tagli e lacerazioni.
Per il recente restauro, condotto senza la possibilità di smontare l’opera dalla parete, si sono adottate strategie funzionali all’azione diretta sul fronte dell’opera, che hanno previsto anche l’utilizzo di piccole tavole a bassa pressione al fine di migliorare il grado di tensione delle tele ed attenuare le deformazioni presenti. In seguito ad un’ampia campagna diagnostica finalizzata alla conoscenza dello stato di conservazione e della tecnica esecutiva, le graduali fasi di pulitura del manto pittorico – concordate con il Soprintendente di Brescia Angelo Loda – hanno fatto riaffiorare non solo la brillantezza dei colori originali ma anche particolari salienti riguardanti la revisione di un apostolo inginocchiato e di un intrigante volto di un dodicesimo apostolo, riscontrabili peraltro in due disegni preparatori dell’artista oggi conservati rispettivamente in un museo di Cleveland e uno di Berlino.
Riaperto il sipario sulle potenti e sfolgoranti cromie originali, sono riemersi i danni provocati non solo dalle numerosissime perdite di colore ma anche da significative abrasioni e colature pregresse che, sempre in stretto dialogo con la Direzione lavori, sono state progressivamente risarcite pittoricamente riconferendo unità di lettura al racconto dell’artista.
Il restauro ha così restituito non solo un capolavoro alla sua città, ma anche uno spaccato vivo e pulsante della pittura del primo Seicento lombardo, riportando alla luce l’intensità cromatica e il linguaggio innovativo di uno dei suoi grandi protagonisti.
Dopo il restauro, un’occasione per approfondire il significato artistico e religioso del grande dipinto di Camillo Procaccini nella Basilica di Santa Maria Maggiore. Martedì 20 maggio 2025 alle ore 20.30, il priore don Gilberto Sessantini e la restauratrice Delfina Fagnani dialogano sul tema Apostoli intorno al sepolcro vuoto e colmo di fiori della Madonna di Camillo Procaccini: l’assunzione di Maria tra dogma ed estetica.
La serata, aperta alla cittadinanza, è ad ingresso libero e gratuito.
Fabio Bombardieri presidente Fondazione MIA: “Il restauro si inserisce in un ampio progetto di recupero del prezioso patrimonio della Basilica di Santa Maria Maggiore, che la Fondazione sta attuando e che vedrà numerosi interventi volti alla valorizzazione di questo luogo, per la promozione della cultura e del territorio. Dopo l’imponente recupero del Coro ligneo di Lotto e Capoferri, ritorna alla sua originaria bellezza il grande dipinto di Camillo Procaccini che segue la forma concava dell’abside e che, oggi, rinnovato, esalta ulteriormente la magnificenza e la solennità di questo luogo della Basilica. Un ringraziamento a Fondazione Banca Popolare di Bergamo, che non fa mai mancare il suo supporto per la cura della Basilica, alla restauratrice Fagnani e al Soprintendente di Brescia, Angelo Loda, per aver eseguito e seguito con rigore professionale e grande passione il restauro di questo capolavoro dell’arte”.
Elena Carnevali sindaca Comune di Bergamo: “Sono molto riconoscente per l’attenzione e la cura che Fondazione MIA dedica alla Basilica di Santa Maria Maggiore, luogo simbolico e identitario della nostra città, custodito con competenza e responsabilità. Questo nuovo intervento sul dipinto di Camillo Procaccini si inserisce in un percorso di valorizzazione che sta restituendo alla “Cappella della Città” la sua piena bellezza. Un ringraziamento speciale va anche alla Fondazione Banca Popolare di Bergamo, che ancora una volta ha scelto di accompagnare con generosità questo impegno, confermando un legame profondo con la città e il suo patrimonio. Desidero infine esprimere gratitudine alla restauratrice Delfina Fagnani e al soprintendente Angelo Loda, con i quali si conferma una collaborazione solida e proficua: il loro lavoro, sempre rigoroso e appassionato, è un valore per tutta la comunità. Investire nella conservazione e nella valorizzazione della nostra storia è un modo autentico di guardare al futuro”.
Armando Santus presidente Fondazione Banca Popolare di Bergamo: “Resta alta l’attenzione della Fondazione Banca Popolare di Bergamo, insieme a Intesa Sanpaolo, per la Basilica di Santa Maria Maggiore, autentico scrigno d’arte nel cuore di Città Alta. Il restauro del grande dipinto di Camillo Procaccini non rappresenta solo un intervento dal valore artistico in sé, volto a restituire alla tela la luminosità originaria delle sue pitture, ma si inserisce in un più ampio progetto di valorizzazione dello spazio absidale della chiesa, che ha già visto il recente restauro del Coro. Si tratta di opere diverse, ma tra loro collegate, che permettono ai visitatori di approfondire sempre di più la conoscenza dell’arte e della storia della Basilica, e quindi della città di Bergamo”.
Delfina Fagnani Sesti Restauri: “È sempre una preziosissima occasione di studio e conoscenza poter operare su manufatti di così alto valore artistico, sono quindi grata per la fiducia e la generosità riservatemi dalle Fondazioni MIA e Banca Popolare di Bergamo. Contribuire con i nostri interventi – in stretto dialogo con la Soprintendenza – alla sopravvivenza fisica ed estetica dei beni che costituiscono le nostre memorie comporta un costante senso di responsabilità, del quale, nonostante la quarantennale esperienza, continuo a sentire il peso in ogni anche minima fase e decisione operativa finalizzata al recupero conservativo e della capacità dell’opera di tornare a trasmettere interamente il proprio messaggio, e nel caso di questo racconto “dimezzato” degli Apostoli intorno al sepolcro vuoto di Maria, gli effettivi intenti pittorici del grande artista parmense”.
Fondazione Banca Popolare di Bergamo sostiene l’Associazione ‘Casa del Melograno’ di Bolgare con un contributo di 15 mila euro destinato all’acquisto di un minibus per minori con situazioni familiari difficili.
‘Casa del Melograno’ è un’associazione senza scopo di lucro nata nel 2019 per sostenere l’apertura di una Casa-famiglia in cui accogliere minori provenienti da situazioni di momentanea difficoltà familiare. Bambini e ragazzi da tutta Italia, per cui i Tribunali dei Minori stabiliscono l’allontanamento dal nucleo familiare d’origine, su decisione dei Servizi Sociali trovano qui una casa e soprattutto una famiglia in cui costruire una vita nuova. Il progetto, nato dalla scelta di Massimiliano De Filippis e della moglie di allargare la propria famiglia ad altri, conta oggi cinque giovani ospiti accompagnati anche da due educatrici professioniste.
«Siamo una famiglia affidataria da anni – spiega Massimiliano de Filippis, responsabile dell’Associazione ‘Casa del Melograno’ – Per me e mia moglie, che già avevamo cinque figli, l’inizio di tutto è stata la disponibilità ad accogliere altri minori per dare loro amore, un posto sicuro e anche delle semplici regole, per permettere loro di ricostruire la propria vita. Con il tempo ci siamo resi conto che sono davvero numerosi i bambini e le bambine che hanno questo tipo di bisogno, un bisogno che ci ha interpellato e che ha fatto maturare in noi l’idea di aprire una Casa-famiglia. Le situazioni familiari di provenienza sono spesso gravi: tossicodipendenza, carcere, violenza. I figli arrivano da noi con un progetto promosso dai Servizi sociali per vivere un percorso di cura che in alcuni casi prevede il rientro nella famiglia d’origine, se nel frattempo ne sono maturate le condizioni, ma che in generale lavora molto sull’autonomia dei ragazzi, perché nel futuro devono sapere camminare con le proprie gambe. Il primo ragazzo che abbiamo accolto, alcuni anni fa, è l’esempio per cui non è detto che le condizioni di partenza debbano per forza condizionare la propria vita. L’amore di una famiglia fa rifiorire questi ragazzi: anche lui qui ha ritrovato speranza nel futuro, ed oggi si sta per laureare. Il progetto della Casa-famiglia continua a crescere, e tra le necessità pratiche c’era quella di un minibus: grazie al sostegno di amici e conoscenti, realtà del territorio ed ora del consistente contributo di Fondazione Banca Popolare di Bergamo, sarà possibile rendere più agevoli i nostri spostamenti».
Armando Santus, Presidente Fondazione Banca Popolare di Bergamo: «La generosità autentica della storia di Casa del Melograno ci ha spinto a sostenere questa straordinaria esperienza di cura e di vicinanza a minori in difficoltà, a favore di bambini e ragazzi che grazie all’amore, all’accoglienza e alla cura familiare possono realmente costruire una vita migliore anche se a partire da situazioni difficili. Fondazione Banca Popolare di Bergamo – oggi insieme ad Intesa Sanpaolo – prosegue così il proprio impegno nel campo dei servizi socioassistenziali in tutta la provincia di Bergamo sostenendo un’iniziativa le cui ricadute vanno ben oltre le mura della Casa-famiglia, vista la stretta sinergia che l’Associazione ha instaurato con i Servizi Sociali del territorio».
In occasione dei 120 anni della sua fondazione, il Coro dell’Immacolata di Bergamo presenta “Cantate Domino”, tredici appuntamenti, uno per ogni CET – Comunità Ecclesiale Territoriale diocesana, con il patrocinio della Diocesi di Bergamo e il contributo della Fondazione Banca Popolare di Bergamo, che opera insieme ad Intesa Sanpaolo. In programma tredici Elevazioni musicali, espressione coniata da monsignor Egidio Corbetta – che assunse la direzione del coro nel 1955 per cinquant’anni, portandolo ai livelli delle migliori cappelle musicali d’Italia – e dall’allora direttore dell’Oratorio, monsignor Angelo Paravisi.
Il primo appuntamento è per domenica 24 marzo, alle 17.00, presso la Basilica di Sant’Alessandro in Colonna. “Cantate Domino” si concluderà domenica 20 ottobre a Palazzago. Il calendario è disponibile sul sito coroimmacolata.it. I concerti sono diretti dal M° Ivan Zucchetti con l’accompagnamento organistico a cura del M° Fabio Nava. In un viaggio che lo porterà a visitare ognuna delle tredici CET diocesane, il Coro dell’Immacolata coinvolgerà simbolicamente tutta la Diocesi di Bergamo, che è sempre stata accompagnata dalle voci dei cantori. Storicamente, il Coro dell’Immacolata anima la solenne celebrazione delle Ordinazioni presbiterali e tiene il concerto natalizio presso il Seminario cittadino. Nei suoi lunghi anni ha visto essere educati al canto centinaia di bambini e ragazzi; molti uomini adulti gli hanno prestato le loro voci. Da tempi relativamente più recenti anche le donne sono entrate a far parte della grande famiglia del Coro. Molti sacerdoti bergamaschi sono stati formati alla musica da monsignor Corbetta e, dopo di lui, da don Ugo Patti, direttore del coro dal 2005 al 2021 e attuale direttore dell’Ufficio di Musica Sacra della Diocesi di Bergamo.
Bergamo (24 marzo ore 17, Basilica di Sant’Alessandro in Colonna); Osio Sopra (6 aprile ore 20,45, Chiesa di San Zenone Vescovo); Pagazzano (7 aprile ore 20,45, Chiesa dei Santi Nazario e Celso Martiri); Clusone (21 aprile ore 16, Basilica di S. Maria Assunta e S. Giovanni Battista); Suisio (27 aprile ore 20,45, Chiesa di Sant’Andrea Apostolo); Sarnico (12 maggio ore 17, Chiesa di San Martino Vescovo); Solto Collina (15 giugno ore 20,45, Chiesa di Santa Maria Assunta); Costa Valle Imagna (30 giugno ore 17, Chiesa della Visitazione di Maria Vergine); Piazzatorre (7 luglio ore 16,30, Chiesa di San Giacomo Maggiore Apostolo); Leffe (22 settembre ore 16, Chiesa di San Michele Arcangelo); Bagnatica (28 settembre ore 20,45, Chiesa di San Giovanni Battista); Verdello (12 ottobre ore 20,45, Chiesa dei Santi Pietro e Paolo Apostoli); Palazzago (20 ottobre ore 16,30, Chiesa di San Giovanni Battista).
Armando Santus, presidente Fondazione Banca Popolare di Bergamo: «Il 120esimo anniversario della fondazione del Coro dell’Immacolata ha una valenza che va ben oltre i confini della liturgia e della musica sacra. Il Coro è un’istituzione culturale, che per più di un secolo ha accompagnato le bergamasche e i bergamaschi nelle celebrazioni solenni e non, trasmettendo valori fondativi per ogni comunità: l’inclusione, l’unità, l’armonia, la bellezza, la memoria. Perché il Coro esprime la gioia del cantare insieme, ad un’unica voce. Fondazione è lieta di partecipare ai festeggiamenti e augura lunga vita a questa storica istituzione bergamasca».
Ivan Zucchetti, direttore Coro dell’Immacolata: “Il 120esimo anniversario è sicuramente l’occasione per guardare con riconoscenza a chi ha reso il Coro dell’Immacolata un punto di riferimento della Musica Sacra liturgica nella nostra provincia; a noi oggi è affidato il compito di proseguire nel solco della tradizione affrontando le difficoltà che questo settore sta vivendo. Ecco allora che il tour che abbiamo ideato diventa un trampolino di lancio per il futuro, per far sì che questa bella storia possa rinnovarsi e continuare ancora per lunghi anni. Un doveroso ringraziamento alla Fondazione Banca Popolare di Bergamo per aver creduto in questo progetto e nel valore culturale, educativo ed aggregativo che una realtà amatoriale come la nostra riesce ancora oggi ad esprimere».
Il Coro dell’Immacolata ha sede nell’omonimo Oratorio della parrocchia di Sant’Alessandro in Colonna, dove presta il servizio liturgico. È di Giuseppe Greppi, fondatore di quell’Oratorio nel 1903, l’idea di costituire una scuola di canto, in osservanza del motu proprio sulla musica liturgica “Inter pastoralis officii sollecitudines” di Papa Pio X del 22 novembre 1903, con il quale il Pontefice invitava a rifondare “almeno presso le chiese principali, le antiche Scholæ Cantorum”. Così, nell’aprile del 1904, nasce quello che oggi conosciamo come il Coro dell’Immacolata. Dal 2021 la direzione è affidata al M° Ivan Zucchetti. Il coro è accompagnato all’organo dal Mº Fabio Nava. Oltre alle composizioni dei maestri che si sono succeduti alla direzione del coro, particolare attenzione è dedicata al repertorio gregoriano, alla polifonia rinascimentale e ai grandi compositori dell’epoca ceciliana.
Al termine di un anno e mezzo di lavori le preziose tarsie del Coro ligneo di Giovan Francesco Capoferri e Lorenzo Lotto, all’interno della Basilica di Santa Maria Maggiore, nel cuore medievale di Bergamo Alta, sono ammirabili in tutta la loro ritrovata bellezza, e nell’anno di Bergamo Brescia Capitale Italiana della Cultura 2023 tornano ad essere interamente fruibili da parte del pubblico. Dopo la sezione del Coro dei Laici (1553-1555), inaugurata nell’aprile 2023, torna oggi all’originario splendore anche il Coro dei Religiosi, il più antico (1523-1533).
Termina così un lungo lavoro di restauro, voluto da Fondazione MIA (che gestisce la Basilica, di proprietà del Comune di Bergamo), curato da Luciano Gritti dell’omonima Bottega di restauro con la supervisione della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Bergamo e Brescia, e sostenuto da Fondazione Banca Popolare di Bergamo, partner esclusivo dell’intervento.
Chiude, contestualmente, anche ‘Cantiere Vivo’, l’innovativo progetto di valorizzazione dei restauri che ha permesso agli oltre 700mila visitatori di osservare in diretta tutte le fasi dei lavori, grazie a pannelli di plexiglass su cui sono stati riportati testi, immagini e QR-code per approfondire contenuti storici e artistici legati all’opera e al suo contesto.
Fin dalla prima fase di restauro – culminata con l’inaugurazione del Coro dei Laici – erano emerse alcune sorprese: il rinvenimento di un affresco di fine Trecento raffigurante una Madonna con Bambino e una tarsia decorata da Capoferri su bozzetto del pittore pavese Francesco Rosso che rimanda alla storia di Caino e Abele. Già allora era stato svelato il sistema dei “coperti”, di cui si ignorava l’esistenza, utilizzato nel Coro dei Religiosi per coprire in alcune occasioni, attraverso un meccanismo a scomparsa, le tarsie lignee raffiguranti storie bibliche con altre immagini, a motivi neoplatonici.
La seconda parte dei lavori ha riportato alla sua originaria bellezza anche il Coro dei Religiosi, il più antico tra quelli realizzati da Capoferri a partire dai disegni del Lotto nella Basilica. In questa fase proprio le enigmatiche opere a motivi neoplatonici presenti all’interno di questa sezione del Coro sono state oggetto di uno studio approfondito. In particolare, si è potuto notare come i vari coperti si distinguano tra loro dal punto di vista della struttura, del disegno e del modo in cui le ombre cadono sullo stesso. Da questa osservazione si è compreso che l’idea progettuale era quella di dare risalto ai disegni valorizzando l’illuminazione naturale della chiesa – che in questo punto giungeva all’altare attraverso le finestre poste alle spalle del presbiterio –, poiché la luce delle candele risultava molto flebile. Un’osservazione che mette in stretta relazione il Coro con il contesto circostante, e che valorizza ulteriormente quest’area della Basilica.
L’accurata analisi della distribuzione delle ombre effettuata nel corso della pulitura ha rivelato inoltre che il coperto più emblematico del Coro, ‘Creazione’ o ‘Magnum Chaos’, in origine doveva essere quasi certamente collocato in posizione dritta, con la scritta ordinata secondo le regole della lingua latina che prevede prima l’aggettivo (“Magnum”) e poi il sostantivo (“Chaos”), e dunque con i piedi in basso e le braccia nella posizione naturale. Durante un restauro, probabilmente quello di Pasquale Carrara (1855-1863), i coperti vennero smontati e successivamente ricollocati, ma posizionando il “Magnum Chaos” al contrario venne interrotta la serie di coperti che prevedono l’illuminazione dell’opera in una direzione ben precisa.
Con l’apertura al pubblico dell’intero Coro torna alla luce una storia artistica che risale a cinquecento anni orsono quasi senza mostrare più i segni del tempo, e lo sguardo d’insieme restituisce un’immagine articolata: le trentasei immagini enigmatiche ideate da Lorenzo Lotto e intarsiate da Giovan Francesco Capoferri mostrano un’inesauribile fantasia scenica, con una narrazione che si distanzia fortemente, per esempio, dai toni aulici e composti delle opere di Tiziano che venivano realizzate in quegli stessi anni. Un itinerario “iniziatico”, che attraverso figure simboliche sintetizza visivamente i temi attinti dagli eterogenei campi di ricerca del Rinascimento, in un sincretismo fra temi religiosi e archetipi pagani, concetti spirituali e temi profani, storie bibliche e metafore ermetiche, suggestioni della mitologia greco-romana e concetti della filosofia neoplatonica. Un’opera che racchiude in sé tutto lo scibile dell’umanesimo del primo Cinquecento. Queste raffigurazioni simboliche sono state pensate per non essere facilmente decodificate, così da creare un alone di mistero che dia adito a molteplici interpretazioni, anche in contraddizione l’una con l’altra. Con i suoi disegni, Lotto va oltre la relatività dell’interpretazione soggettiva, scardinando ogni certezza, superando qualsiasi spiegazione dialettica, poiché l’immagine innanzitutto deve evocare il senso di mistero legato all’ineffabilità della presenza divina.
Il restauro del Coro Ligneo di Giovan Francesco Capoferri e Lorenzo Lotto, che si era reso necessario e urgente per preservare il bene dal deperimento causato dello scorrere del tempo, ha seguito le tecniche più innovative: i lavori hanno previsto il monitoraggio micro-climatico dell’ambiente; la campagna di analisi per studiare le tecniche esecutive e le antiche vernici; la pulitura svolta con metodi tradizionali e sistemi laser di ultima generazione; il consolidamento e la disinfestazione dell’opera; la scansione 3D dell’intero Coro e il rilievo CAD di tutti gli elementi che lo compongono; la campagna fotografica di documentazione.
Fabio Bombardieri, Presidente Fondazione MIA: «Siamo qui oggi con grande orgoglio e gratitudine per celebrare un momento importantissimo. Nel solco della responsabilità civica e sociale che accompagna la Fondazione sin dal 1265, la MIA ribadisce l’importanza di proteggere e preservare la nostra cultura, il nostro patrimonio, i nostri monumenti; in poche parole, la nostra storia. Con la chiusura del Cantiere Vivo e la restituzione al pubblico del Coro ligneo di Lorenzo Lotto e Giovan Francesco Capoferri in tutta la sua bellezza e magnificenza, la Fondazione MIA tiene fede alla parola data oltre un anno e mezzo fa: terminare i lavori in occasione di Bergamo Brescia Capitale della Cultura 2023. Si tratta di un evento dalla portata artistica, storica e religiosa fondamentale. Il Coro è infatti l’opera più importante commissionata dalla Congregazione della Misericordia Maggiore di Bergamo a uno dei più grandi maestri del Rinascimento. Oggi, insieme, celebriamo non solo il passato ritrovato, ma anche un futuro che sarà illuminato dalla luce visionaria di questo gioiello della Basilica e dalla passione che ha reso possibile il suo restauro. Ammirando quest’opera, ritrovata in tutto il suo splendore, vediamo infatti non solo colori e forme, luci e ombre, ma la nostra identità collettiva, la nostra missione di custodi di uno straordinario patrimonio da curare e onorare, affinché esso continui a ispirare, educare e connettere le future generazioni».
Armando Santus, Presidente Fondazione Banca Popolare di Bergamo: «Con la restituzione al pubblico dell’intero Coro ligneo di Capoferri e Lotto termina un progetto entusiasmante, che ha dato nuova luce ad una delle opere d’arte più preziose del Nord Italia. Fondazione Banca Popolare di Bergamo, che continua la sua promozione sociale sul territorio con Intesa Sanpaolo, è orgogliosa di aver sostenuto questo straordinario intervento di restauro, che ha garantito la salvaguardia di un’opera d’arte così preziosa, che ha permesso la scoperta di nuove sue componenti e l’approfondimento delle conoscenze ad essa legate, e che soprattutto ha reso possibile la fruizione di questo tesoro da parte delle future generazioni. Tutela e insieme trasmissione del nostro patrimonio artistico sono, crediamo, il miglior modo di interpretare la salvaguardia e la protezione dei beni storici e culturali del territorio, tra le priorità della missione istituzionale della nostra Fondazione».
Giorgio Gori, Sindaco di Bergamo: «L’anno della Capitale della Cultura non è solo un contenitore di eventi e di iniziative, lo abbiamo sempre detto. È anche un’occasione in cui abbiamo voluto e saputo valorizzare il patrimonio storico e artistico della nostra città, avviando o concludendo interventi di restauro e trasformazione molto significativi in tanti luoghi della cultura. La Fondazione MIA aggiunge un tassello importante a questo grande lavoro, restituendo alla città lo splendore dell’opera di Capoferri e Lotto, nella Basilica di Santa Maria Maggiore, monumento di proprietà del Comune di Bergamo, da quasi seicento anni amministrato dalla Misericordia Maggiore, che si è dedicata all’abbellimento del sacro edificio e al suo arricchimento, ornandolo di preziose opere d’arte e valorizzandone il prestigio. Nel frattempo, si è concluso il cantiere pilota sulla facciata dell’abside della chiesa: il Comune è al lavoro con la Soprintendenza per individuare la lavorazione più adatta per restaurare anche le parti esterne della Basilica e nei prossimi anni saremo impegnati nella cura della pietra che dona alla chiesa l’aspetto che tutti conosciamo».
Luciano Gritti, Bottega di Restauro ‘Luciano Gritti’: «Per un restauratore lavorare su un bene così prezioso è un vero onore. Per un anno e mezzo ci siamo presi cura del Coro con interventi che hanno unito tecniche tradizionali e innovative, anche grazie all’utilizzo di una tecnologia all’avanguardia. Ci siamo trovati davanti ad un’opera composta da mille opere, straordinaria: oltre alle numerose tarsie anche i più piccoli dettagli hanno rivelato un’attenzione progettuale ed esecutiva di raro valore e bellezza. Tutto ciò è stato possibile grazie ad una squadra competente e appassionata, in cui i giovani sono stati protagonisti».
Stefano Marziali, Project Manager Smart Puzzle e allestimento ‘Cantiere Vivo’: «Dopo un anno e mezzo dal suo avvio, ‘Cantiere Vivo’ si è rivelato un esempio eccezionale di buona gestione di un Bene Culturale. Il progetto non solo ha preservato uno dei beni artistici più importanti della città, ma ha migliorato l’immagine di Bergamo in Europa e la percezione della città come luogo di cultura. Fondazione MIA vuole dare continuità all’esperienza di ‘Cantiere Vivo’ e per questo motivo ha già avviato diverse attività. In particolare, la realizzazione del documento cinematografico ‘Restauratio Humana’ sul recupero del Coro di Lotto e Capoferri da parte dello studio Coral Climb per raccogliere e divulgare le scoperte e le riflessioni maturate in questi mesi di lavoro anche al grande pubblico».